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Il governo Berlusconi IV è caduto ieri sera, con le dimissioni consegnate a Napolitano alle 21.43 e il quirinale assediato da una folla stremata, ma festante. Non abbiamo neanche avuto il tempo di festeggiare l'ormai pressoché certo arrivo a Palazzo Chigi di Mario Monti che la macchina del complottismo si è inesorabilmente avviata, sospinta dal sempre più diffuso e italianissimo pessimismo che, condito con un pizzico di ignoranza, crea il mostro del qualunquismo.
Eh già, Monti non è il personaggio credibile a livello internazionale a cui l'Italia, nella persona del suo Presidente della Repubblica, ha affidato la guida del governo: è l'uomo attraverso cui le Banche, l'Europa, il Nuovo Ordine Mondiale – insomma, non importa chi, ma qualcuno che sicuramente è brutto e cattivo – controllerà il nostro paese per fare gli interessi dei Men in Black, siano essi bancari, politici, petrolieri, lobbisti o rettiliani.
Monti, infatti, dopo anni di carriera accademica e un decennio di lavoro in Commissione Europea, ha lavorato come International Advisor nel Research Advisory Council della Goldman Sachs, quindi è intellettualmente dipendente da tale banca, quindi è pedina di GS, quindi da domani saremo governati dalle banche. Non fa un grinza, giusto?
No.
Goldman Sachs è un istituto bancario che nel 2008 contava 32.569 dipendenti – TRENTADUEMILACINQUECENTOSESSANTANOVE! – , e dubito che chiunque abbia un posto di lavoro, qualunque esso sia, diventi mentalmente ed ideologicamente succube dei vertici dell'azienda: questo vale anche per il Professor Monti, il cui incarico, tradotto in italiano, è semplicemente “consulente internazionale del consiglio consultivo della ricerca”. Al massimo è lui, quindi, a influenzare in quanto consulente la banca, e di conseguenza l'Italia comanda la GS – ma siccome il complottismo non mi piace in tutte le sue salse, scarterei anche quest'idea.
La verità è che Monti è un uomo della Goldman Sachs quanto l'operaio cinese è uomo della Apple e quanto io sono uomo dell'Università degli Studi di Torino.
Per intenderci, anche tra il 2006 ed il 2008, con Prodi, eravamo “governati dalla Goldman Sachs”.
Il problema vero non è chi sia Monti, ma semmai che cosa farà il suo governo – che, ricordiamolo, ha la fiducia del Parlamento ed è, di conseguenza, democratico almeno quanto lo era il precedente. Finché si parla di istituzione di una patrimoniale per diminuire i 1900 miliardi di debito italiano, io ci sto: i sacrifici di oggi, giustamente fatti da chi ha di più, servono per risparmiare, domani, almeno una parte dei 70 miliardi che paghiamo ogni anno come interesse sul debito.
Finché si parla di lotta all'evasione fiscale, io ci sto e, anzi, faccio salti di gioia.
Finché si parla di ridurre privilegi ci sto, senza però ridursi al populismo alla Grillo contro 952 parlamentari, ma ampliando le proprie vedute anche a scuole paritarie, finanziamenti all'editoria, rimborsi elettorali, istituzioni religiose.
Il problema arriva quando si parla di liberalizzazioni: la vera questione su Monti, dal mio punto di vista, è la sua visione liberista, che determinerà meno interventismo statale sul mercato, meno diritti garantiti ex lege, meno servizi pubblici, meno protezione per le fasce deboli della società, meno assicurazioni sulla qualità di certi lavori attraverso l'abolizione di certi ordini professionali. Per non parlare di privatizzazioni e dismissioni del patrimonio pubblico, il quale invece potrebbe creare, ben valorizzato, maggiori entrate strutturali spalmate nel tempo al posto di basse, ma immediate, entrate una tantum.
Tra tutti questi provvedimenti, però, non si nomina, a mio avviso, il più importante: il cambio della legge elettorale, perlomeno con il reinserimento del “Mattarellum”, senza il quale andremmo a nuove elezioni per la terza volta con il “Porcellum”, che ci consegnerebbe per altri 5 anni un nuovo Parlamento di nominati, per di più senza maggioranze stabili.
E saremmo punto e a capo.
Marco Roberti