Archive for agosto 2012

Gradevoli incontri poliziesco-ferroviari


È un soleggiato giovedì mattina a Bussoleno, sono di ritorno da una bella giornata di ferragosto passata con gli amici in montagna. Mi sveglio, mi preparo e vado a prendere il treno per Avigliana (Reg10011 delle 13,07): all'arrivo della vettura, butto l'occhio sulle varie carrozze per scegliere la più moderna, sicuro che almeno lì potrò avere il sollievo dell'aria condizionata. Come spesso accade, il mio posto si trova in testa al treno: per arrivarci attraverso un paio di carrozze fino ad imbattermi in una coppia di agenti della PolFer che, assieme ad un controllore, stavano verificando la regolarità di due ragazzi di pochi anni più giovani di me. Al mio cortese “permesso”, il bigliettaio mi intima urlando di lasciargli fare il suo lavoro. Pazienza, per lui probabilmente non è giornata, così gli ripeto con gentilezza: “non posso passare?”, e al suo ancor più rozzo diniego faccio per andarmene, cavandomela con una battuta “ah, non sapevo che non si potesse più, sarà una nuova regola”.

Insomma, scene di vita quotidiana: qualche lavoratore poco gentile e il proprio personale tentativo di vivere ogni giornata in maniera positiva.
Non foss'altro che uno dei due agenti della PolFer mi ferma e, con fare piuttosto minaccioso, mi chiede per identificarmi un documento, che porgo senza nessun problema. Mentre questo esce dal treno per annotare le mie generalità, l'altro inveisce con uno dei due ragazzini, quello in regola (!), ordinandogli di togliere lo zaino dal sedile di fronte al suo, con tanto di parolacce sbraitate in faccia al povero malcapitato.

Il mio tentativo di mantenere il buonumore è ormai svanito, e non potendo vedere scene di così sfacciata intimidazione e di così palese abuso da parte di chi dovrebbe rappresentare il mio Paese, fisso sbalordito l'agente, che a sua volta mi punta, con gli occhi a metà tra l'interrogativo ed il rabbioso. “Come si permette di rivolgersi urlando in questo modo alle persone?”, gli chiedo.

“Lei è abituato a comportarsi come questo ragazzo, a casa sua?”
“No, ma questo non la autorizza a tenere una condotta del genere, tanto più se è pubblico ufficiale.”
Da quel momento, e ancora di più dopo aver chiesto le generalità dell'agente, è una raffica di insulti, di “sei del '92, potrei essere tuo padre”, di “mi segua in caserma e glielo dico, il mio nome” e di “pubblico ufficiale, ma vaff...”.

Insomma, dopo aver verificato tutto il verificabile sulla mia persona e dopo aver cercato di farmi scendere dal treno – cosa che mi sono rifiutato di fare, ricordando loro che avevo pagato il biglietto per usufruire di un preciso servizio – sono scesi dal treno restituendomi – con la dovuta titubanza, s'intende – biglietto e documento, facendomi presente che “questa volta mi era andata bene”, minacciando denunce per maleducazione (o qualcosa del genere) e senza mai smettere con gli insulti, dai più banali ai più articolati, senza dimenticare l'immancabile omofobia.
Insomma, a quanto pare nei 2,40€ che ho pagato era compreso l'assistere a minacce e abusi e l'essere insultato da coloro che io stesso contribuisco a mantenere con le tasse.

In seguito a questi episodi, di pancia verrebbe quasi da gioire leggendo dei draconiani tagli alla sicurezza decisi nell'ambito della bondiana revisione della spesa. Poi, fortunatamente, interviene la ragione. Ma, certamente, una più severa selezione e formazione, anche etica, del personale addetto alla sicurezza non farebbe male a nessuno, tanto al cittadino quanto alla reputazione delle nostre Forze dell'Ordine. È utopia?

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L'importanza della ricerca scientifica


In questo periodo di profonda crisi economica ritorna sempre più pressante la questione della ricerca scientifica di base. Le scienze come la matematica e la fisica sono di sicuro affascinanti, ma portano a pochi risultati concreti diretti, così c'è chi sostiene che sarebbe meglio destinare i soldi della ricerca in questi campi ad altri, come la medicina, più concreti nelle loro ricerche.

La risposta a questa proposta arriva da una lettera del 1970 di Ernst Stuhlinger in risposta ad una suora che aveva chiesto di destinare i soldi della ricerca spaziale ai bambini affamati.
Cara suor Maria Gioconda,
la sua è una delle tante lettere che ricevo ogni giorno, ma mi ha toccato più profondamente delle altre perché viene da un cuore compassionevole e da una mente profonda. Cercherò di rispondere meglio che posso alla sua domanda. Prima, tuttavia, desidero esprimere la mia grande ammirazione per lei e per tutte le altre sue coraggiose sorelle, perché state dedicando le vostre vite alla più nobile causa umana: aiutare il proprio prossimo in difficoltà.

Lei chiede nella sua lettera come abbia potuto proporre la spesa di miliardi di dollari per organizzare un viaggio su Marte, in un momento in cui molti bambini su questa Terra muoiono di fame. Lo so che non si aspetta una risposta del tipo “Oh, non sapevo che ci fossero bambini che muoiono di fame, d’ora in poi mi asterrò dalla ricerca spaziale fino a quando il genere umano non avrà risolto la questione!”. In effetti, ho iniziato a essere a conoscenza del problema della fame nel mondo ben prima di sapere che fosse tecnicamente possibile un viaggio verso Marte. Tuttavia, credo – come molti altri miei amici – che viaggiare verso la Luna e forse un giorno verso Marte e altri pianeti sia un’iniziativa che dovremmo affrontare ora, e penso anche che questi tipi di progetti, nel lungo termine, possano contribuire alla soluzione dei gravi problemi che affliggono la Terra molto di più di altri progetti discussi ogni anno, e che portano spesso a risultati tangibili solo dopo molto tempo.
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