In questi giorni di fine estate impazzano sui giornali le polemiche (pienamente giustificate!) da parte di coloro che non apprezzano l’arroganza dimostrata dalla compagine leghista di governo circa la lenta e progressiva eliminazione del tricolore.
Come in tutte le polemiche le prese di posizione nette per una ragione piuttosto che per un’altra non sono mai né piacevoli né corrette. Provo a immaginare che anche tra i cittadini di Adro intimamente leghisti e con un DNA padano DOC vi sia anche chi in buona fede crede veramente che il “sole delle Alpi” imposto in ogni angolo della scuola possa essere solo una trasposizione della cultura e delle tradizioni locali. Provo a pensare come questi fieri eredi di Guido da Giussano vogliano ora salvaguardare con orgoglio il proprio territorio marcandone i confini con simboli celtici, ma si ricordano di cosa accadeva non più tardi di mezzo secolo fa quando le loro ariane stirpi lasciavano le natie contrade per cercare lavoro. Spesso in condizioni di disagio, certamente con dignità e fatica, i bresciani, i bergamaschi, più in generale i veneti, hanno provato la durezza e talvolta l’umiliazione dell’emigrante.
Nessuno ha chiesto loro di fornire impronte digitali per un censimento dell’etnia né ha negato un pezzo di pane dove le famiglie non erano in grado di provvedere pienamente al vitto dei propri figli. Ma lo saprà il sindaco Lancini che il suo casato, in una ricerca fatta sul sito www.gens.labo.net, risulta diffuso anche in Molise, Lazio, Puglia e addirittura in Calabria?
Sono nato in Piemonte da famiglie locali le cui origini si perdono oltre la memoria dei nonni ma pur conscio di un’eredità naturale derivante dal territorio, sono convintamente italiano. Ho giurato per due volte fedeltà alla Repubblica prima come soldato di leva, successivamente per il mio lavoro e sicuramente l’unico marchio che non desidero è di essere considerato padano. Come appartenente ad una comunità alpina delle valli occidentali delle Alpi, fatico a riconoscermi nell’imposizione di una padania che esiste solo nel vagheggiare romantico o nel capriccio arrogante di qualche illustre politico della pianura del Po.
Questi orgogliosi padani non conoscono troppo la storia e sono forse ancora dediti alla trasmissione orale tipica delle veglie contadine. Se provassero a leggere anche solo qualche sussidiario della scuola elementare, prenderebbero atto che la propria contestata autonomia, è stata sempre soggetta a dominazioni straniere (spagnoli, austriaci, ...) fino a quando la libertà di potersi autogestire è stata loro ottenuta anche col sangue di altri italiani in nome di un’unità nazionale che oggi si vorrebbe negare. In Veneto ci si premura di garantire la sacralità del Piave salvo poi eliminare il tricolore dalle divise della Protezione Civile.
Purtroppo questi eccessi locali passano con troppa facilità nell’indifferenza generale senza che sorgano i dubbi di come questa deriva secessionista ponga i presupposti per il degenerare di futuri scontri a livello nazionale.
Le forze di polizia ormai succubi di tali comportamenti, arrivano a fermare ed individuare due cittadini italiani, la cui colpa è di aver provocatoriamente sventolano un tricolore a Venezia durante la festa di un partito politico xenofobo e secessionista.
Non esiste modo di svelenire questo clima disinnescando la mina padana se non isolando questi fanatici, non nell’indifferenza ma con una convinta battaglia di idee su un terreno a loro sfavorevole quello della cultura democratica salvaguardando e proteggendo le istutuzioni.
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