Gemma… cazzo ridi?




E’ la prima domanda che mi viene guardando le fotografie della stazione internazionale di Susa pubblicate sul quotidiano la stampa. Prima di rinnovarle la domanda sui motivi della sua risata (isterica, di facciata, istituzional-contestuale, remunerativa…?) che sfodera nella foto,  me ne pongo un’altra.  Mah… la stazione l’ha vista? Si è resa conto che fa cagare? E che l’ha progettata un archistar (??) giapponese con la giacca da stirare, discutibilmente avvenente e che si chiama come la regione astratta e disabitata (il vuoto) del mondo immaginario di Tolkien?
Occhio che, secondo me, le sfighe ve le state un po’ tirando!
Che cosa vuol dire, lei che frequenta i salotti politici “buoni”, che il progetto è stato scelto perché integra la nuova struttura con il territorio ed è stato selezionato tra le proposte di 49 raggruppamenti”?
Si rende conto che il territorio col quale dovrebbe integrarsi non ci sarà più? Si rende conto, guardando il plastico, che ci saranno abitazioni e vite strette fra strade, rotaie e infrastrutture faraoniche? Ci siete o ci fate? Delle due, una sola risposta. Per la prima la compassione.. per la seconda astio e rivolta!
Le chiedo ancora… ma perché la stazione dovrebbe “… avere uno sviluppo verticale” e articolarsi “…su tre livelli con un’ampia vista su tutta la valle”.? Lei si è mai trovata a Milano centrale a “godere” della stazione stessa?  Nelle stazioni si transita, si soffrono attese, si iniziano distanze, si cercano affannate concidenze, ci si augura un arrivederci o ci si ferisce con gli addii.
Si immagina veramente che torinesi e  lionesi, insieme agli sciatori provenienti dall’universo mondo, si ritroveranno a godere delle meraviglie della “Stazione Internazionale di Susa”? Cerchi di essere obiettiva… già il nome fa ridere!  Così come fa ridere l’affanno del suo collega Virano che un pochino, il sorriso, l’ha perduto.

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