"Buongiorno a tutti. Utilizziamo i passaparola di questo periodo vacanziero per fare degli appuntamenti un po’ più brevi del solito e per dare una sistematina a alcune questioni pendenti, che spesso ricorrono anche nelle vostre domande, nei vostri post, nelle vostre richieste di spiegazioni.
Quella di cui voglio parlarvi oggi è la faccenda Mondadori, perché sta per arrivare a sentenza - non si sa ancora se prima o dopo le ferie - una vicenda che potrebbe chiudere la famosa guerra di Segrate, la guerra che, tra il 1989 e il 1990, contrappose De Benedetti a Berlusconi per il possesso della Mondadori: qualcuno ricorderà come era iniziata, ve la sintetizzo.
Il furto della Mondadori
Nell’89 Berlusconi prende una piccola quota della Mondadori, il mandato che si è dato e che gli ha dato anche Craxi dopo l’occupazione di tutte le televisioni private è quello di mettere le mani anche sul più grande gruppo editoriale italiano che, in quel momento, pubblicava Repubblica, Espresso, Epoca, Panorama, una quindicina di giornali locali, quelli del gruppo Finegil e poi tutto il ramo libri, perché era un gruppo dove la libertà di stampa era una cosa seria e quindi era un gruppo giornalistico e editoriale che faceva le pulci al Caf di Craxi, Andreotti e Forlani e che, conseguentemente, Craxi voleva ricondurre all’obbedienza, come aveva fatto con le televisioni private. Berlusconi speranze di occupare la Mondadori al 100% e neanche di ottenere la maggioranza non ne aveva, perché gli eredi Mondadori, gli eredi di Arnoldo, la famiglia Mondadori Formenton si era già impegnata per iscritto a cedere a De Benedetti la maggioranza azionaria di quelle quote entro il 1990 e quindi Berlusconi avrebbe potuto soltanto avere una quota minoritaria. Ma lui non si perse d’animo e, con le sue solite arti persuasive, per usare un eufemismo, convinse gli eredi Mondadori a promettere per iscritto a lui ciò che avevano appena promesso a De Benedetti. Contenzioso, si decise tra le due parti in lite di affidarlo a un arbitrato, ossia a una soluzione extragiudiziale, i tre arbitri, scelti uno da una parte, uno dall’altra parte e l’altro scelto dal Tribunale, il Presidente del collegio arbitrale, emisero il famoso Lodo Mondadori che dava ragione a De Benedetti e quindi quest’ultimo tornò in possesso della casa editrice. A quel punto Berlusconi rovesciò il tavolo e impugnò il tutto davanti Corte d’Appello di Roma, la Corte d’Appello di Roma, Sezione Civile, fu chiamata a confermare o a bocciare il Lodo e a occuparsene fu chiamato un giudice amico di Cesare Previti, il giudice Vittorio Metta il quale, in una sentenza fulminea, riuscì a ribaltare il Lodo, a cancellarlo e quindi a sfilare la Mondadori dalle mani di De Benedetti e a consegnarla a Berlusconi.
Subito dopo questa sentenza Metta ricevette 420 milioni di lire in contanti provenienti da fondi neri del gruppo Fininvest in Svizzera, a portarli in Italia era stata una complessa operazione finanziaria che aveva coinvolto tutti e tre gli Avvocati della Fininvest: Previti, Pacifico e Acampora.
Il fatto che questa sentenza fosse piuttosto puzzolente derivò anche dal fatto che fu depositata, nei primi giorni del 1990, 24 ore dopo la Camera di Consiglio, ossia il giudice entrò in Camera di Consiglio e ne uscì 24 ore dopo con una sentenza scritta a mano di 180 pagine: è segno che o era meglio di Balzac e era riuscito a scrivere a mano in una sola notte 180 pagine, anzi scusate 169 pagine, oppure quella sentenza l’aveva scritta prima o magari non l’aveva neanche scritta lui e, in effetti, pare che fosse stata scritta o suggerita dagli Avvocati della Fininvest, che poi lo corruppero in cambio di quella sentenza comprata. Risultato: Berlusconi si trova in mano il gruppo Mondadori, spaventa la parte della Democrazia Cristiana che vede con sospetto l’ascesa di Craxi e quindi Andreotti, alla fine, impone al ladro di restituire una parte del maltolto: è un po’ come imporre a uno che ha rubato una macchina di restituire il tubo di scappamento, il cambio e il volante. Berlusconi e soci restituirono Repubblica, L’Espresso e i giornali Finegil, mentre del gruppo Mondadori si tenne tutto il resto dei giornali, compresi Panorama e Epoca, che all’epoca andavano molto forti e poi tutto il ramo libri. Dal 1990 Berlusconi è proprietario di una casa editrice che è stata rubata a De Benedetti con una sentenza comprata: questo è il quadro.
Un miliardo di euro di danni (a spese nostre?)
Molti chiedono: ma perché De Benedetti non l’ha richiesta indietro? E’ possibile che la Cassazione abbia condannato il giudice Metta per corruzione giudiziaria, gli Avvocati Previti, Pacifico e Acampora per averlo corrotto per conto di Berlusconi con soldi di Berlusconi per procacciare la Mondadori a Berlusconi e De Benedetti non chieda la Mondadori indietro? In realtà non è così semplice: non si può chiedere indietro la macchina rubata, anche perché nel frattempo la macchina ha cambiato fisionomia. Sicuramente si possono chiedere i danni e infatti De Benedetti, dopo che la Corte di Cassazione ha stabilito non solo che gli Avvocati di Berlusconi e il giudice Metta erano colpevoli di corruzione, ma la Corte di Cassazione ha anche stabilito - cito testualmente - “il diritto di De Benedetti a avere indietro, in separata causa civile, il danno emergente e il lucro cessante”. E’ evidente, il danno che ti hanno portato via la roba e, nello stesso tempo, il fatto che tu per anni non hai potuto introitare gli utili di un gruppo che sarebbe stato tuo, se quella sentenza non te l’avesse sottratto. “Sotto una molteplicità di profili relativi non solo ai costi di cessione della Mondadori, ma anche ai riflessi della vicenda sul mercato dei titoli azionari”. E’ ovvio che il gruppo Fininvest, avendo un colosso in più nel suo seno, ha potuto prosperare anche dopo la quotazione in borsa di Mediaset nel 1996 e invece De Benedetti, con la sua Finanziaria - la Cir -, si è visto portare via due gioiellini da niente: prima la Mondadori, anzi prima la Sme e poi la Mondatori, sempre per l’intervento di Berlusconi, più o meno pilotato da Craxi.
Questa causa civile è una causa della quale nessuno parla: ne ha parlato Rinaldo Gianola su L’Unità l’altro giorno e era, credo, il primo articolo dopo anni, per dire che la causa c’è e anzi, sta per andare in decisione; l’istruttoria è finita e il giudice monocratico Raimondo Mesiano, della Decima Sezione Civile del Tribunale di Milano, è in fase di decisione, sta decidendo. Sta decidendo su che cosa? Sul fatto che la Cir di De Benedetti, tramite gli Avvocati Elisabetta Rubini e Vincenzo Roppo, ha quantificato il danno che De Benedetti chiede indietro. Sono 468.000 e rotti Euro, che poi vanno naturalmente adeguati agli interessi e alla rivalutazione monetaria e che quindi ammontano a 1 miliardo di Euro, sono circa duemila miliardi di vecchie lire e questo De Benedetti chiede a Berlusconi, che non solo gli ha fregato la Mondadori, ma poi se la è tenuta e ci ha guadagnato per venti anni e continua a guadagnarci tutt’ora. La causa la Cir l’ha intentata solo alla Fininvest e non anche alle persone che, materialmente, hanno compravenduto la sentenza: perché? Perché sia Previti, sia Pacifico e sia Acampora e sia Metta risultano praticamente quasi nulla tenenti e quindi è inutile andare a cercare dei soldi, perché evidentemente o non li hanno o li hanno fatti sparire. Il problema è che poi c’è il comportamento di Metta, che era un giudice quando si è venduto la sentenza e quindi potrebbe doverne rispondere lo Stato del danno che Metta ha inferto al gruppo De Benedetti e lo Stato in questo momento è rappresentato da Berlusconi, conseguentemente è possibile che il governo Berlusconi sia chiamato, tramite il Ministero della Giustizia, a rifondere i danni che Metta ha provocato per essere stato pagato dal gruppo Berlusconi e questo è uno dei tanti aspetti paradossali della vicenda. Ma naturalmente, se per caso dovesse esserci una condanna del gruppo Fininvest a rifondere i danni a De Benedetti per la faccenda Mondadori beh, il gruppo Berlusconi ne avrebbe, a suo volta, un bel contraccolpo: già sono in difficoltà per la causa di divorzio di Veronica, che ogni settimana segna le novità che emergano sugli scandali di puttanopoli etc. etc. e, dall’altra, avrebbe pure questa mazzata, sempre nel caso che il gruppo venisse condannato, naturalmente.
L'utilizzatore finale
La cosa interessante è che, a questo punto, rimane in sospeso una domanda: dice, ma Berlusconi, che era il mandante, il finanziatore e il destinatario, diciamo l’utilizzatore finale di quella sentenza comprata, è possibile che l’abbia fatta franca? Sì, è possibile, perché ha incontrato dei giudici spiritosi della Corte d’Appello di Milano che, nel 2001, tra il 2001 e il 2002, adesso non ricordo esattamente la data, hanno stabilito che lui ha diritto alla prescrizione, perché ha le attenuanti generiche, perché gli hanno dato le attenuanti generiche? Perché è uno che per la sua posizione sociale di per sé le merita e poi perché, scrivevano i giudici, a Roma si sapeva che molti giudici erano corrotti e quindi così fanno tutti, invece che un’aggravante diventa addirittura un’attenuante. E’ uscito ufficialmente dal processo, ma poi , quando si sono dovuti giudicare i suoi complici, il giudice Metta e gli Avvocati Previti, Pacifico e Acampora, i giudici hanno dovuto pronunciarsi anche sul ruolo che ha avuto Berlusconi in questa vicenda e abbiamo una sentenza definitiva della Corte d’Appello di Milano, che è stata confermata ormai due anni fa, anzi tre anni fa dalla Corte di Cassazione, nella quale c’è scritto “Silvio Berlusconi, nei cui confronti è stata emessa sentenza di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione, che ben poteva chiarire la causale del bonifico addebitato da conto non ufficiale del suo gruppo - i soldi che sono poi finiti al giudice Metta - dopo aver concordato la data del suo esame - cioè del suo interrogatorio - comunicava tramite i suoi legali la volontà di avvalersi della facoltà di non rispondere”. Quando gli fanno quelle domande lui non risponde mai, anche quando gli hanno chiesto da dove arrivassero i famosi soldi negli anni 70 e 80.
“Il percorso del denaro dai vari conti Svizzeri”, scrivono i giudici, “costituisce un imponente quadro indiziario preciso, univoco e concordante, tale da assurgere a piena prova e consente di affermare che il giudice Metta ha venduto agli stessi intermediari, nello stesso periodo, anche la causa Mondadori", dopo essersi venduto pure la causa Imi-Sir, pochi mesi prima. Aggiungono poi, i giudici, che “ Berlusconi è, in questa vicenda, un privato corruttore” e quindi risponde non di corruzione giudiziaria, ma di corruzione semplice, sulla quale ha avuto la prescrizione per le attenuanti generiche, esattamente come Previti, Pacifico e Acampora, che però non hanno avuto le attenuanti generiche e quindi sono stati condannati. Scrivono i giudici “ l’attività degli estranei nella consegna del compenso illecito si sostituisce a una condotta che, altrimenti, sarebbe giocoforza posta in essere in via diretta dal privato interessato”, cioè da Berlusconi, quindi usava degli intermediari. E’ un po’ come nella storia della D'Addario, no? C’è il pappone che paga e c’è l’utilizzatore finale che tromba, ma non deve neanche sporcarsi le mani con i soldi.
“La retribuzione del giudice corrotto è fatta nell’interesse e su incarico del corruttore”, il corruttore è il nostro Presidente del Consiglio, tanto perché sia chiaro e poi “niente generiche agli intermediari e al giudice, perché- scrivono i magistrati - l’enorme gravità del reato e la gravità del danno arrecato non solo alla giustizia, ma all’intera comunità, minando i principi posti alla base della convivenza civile, secondo i quali la giurisdizione è valore e presidio a tutela di tutti i cittadini, ma un conseguente ulteriore profilo di gravità per l’enorme nocumento cagionato alla controparte - cioè a De Benedetti - nella causa civile e per le ricadute sul sistema editoriale italiano, trattandosi di una controversia, la cosiddetta guerra di Segrate, finalizzata al controllo dei mezzi di informazione” e poi ancora “niente attenuanti per la spiccata intensità del dolo”, ossia della volontà di fare un reato grave“ e ancora per i motivi a delinquere determinati solo dal fine di lucro e, più esattamente, dal fine di raggiungere una ricchezza mai ritenuta sufficiente” e ancora “per i comportamenti processuali tenuti da Previti e dagli altri” che, invece di comportarsi bene, “hanno continuato - scrivono i giudici - a rendere continue e spudorate menzogne” e poi per il precedente penale specifico da parte di tutti i protagonisti condannati, Metta e i tre Avvocati, che si erano appena compravenduti l’altra sentenza, quella dell'Imi-Sir per conto della famiglia Rovelli.
Quindi capite che qui stiamo parlando di un qualcosa che è già stato accertato giudiziariamente e che va soltanto quantificato dal giudice civile. Vedremo se si troverà un giudice coraggioso che avrà il coraggio, finalmente, di stabilire non soltanto che la Mondatori è stata rubata, non soltanto che a compravendere quella sentenza furono quel giudice e quei tre Avvocati di Berlusconi, ma che oggi il gruppo Berlusconi deve finalmente, con quasi venti anni di ritardo, risarcire chi è stato derubato. Passate parola e continuate a frequentare il sito antefatto.it per seguire passo passo la campagna abbonamenti e i primi inizi, i primi passi del nostro futuro quotidiano, Il Fatto Quotidiano. Grazie."
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