La suora che voleva bene a Nick



Piergiorgio Paterlini su Piovono Rane

Ho provato a mandare il cervello in ufficio e il mio corpo a giocare a golf, ma non mi è mai riuscito. Il corpo, ostinatamente – che stupido! – invece di andare a divertirsi ha sempre voluto seguire il cervello alla scrivania dove era costretto a lavorare.

Mi è dunque venuto il sospetto che anche andare a lavorare sia vendere il corpo.



Se devo lasciare il mio corpo otto ore su una sedia della banca – dove lavoro per i proprietari della banca – il corpo lo vendo.

Che lo faccia per soldi e per carriera è universalmente scontato e accettato, anzi, l’etica del lavoro è più in voga che mai. E se non lo vendo, il mio corpo, di sicuro lo affitto, temporaneamente.

Ma anche chi vende il corpo sulle strade o negli appartamenti non è che proprio lo vende, il corpo. Rimane “suo”, lo affitta ai clienti per qualche ora poi se lo riprende. Proprio come me. Come tutti.

Allora vendere il corpo è una frase senza senso.

Tutti vendiamo-affittiamo per denaro il nostro corpo per diverse ore al giorno più o meno per tutta la vita. Bisognerebbe dire: vendere sesso. Ma vendere il corpo, no, non è una condizione specifica di chi si prostituisce in senso appunto sessuale.

Certo, poter dire “quella là vende il suo corpo” (o, più di sinistra, “quello là compra un corpo”, cioè con l’attenzione sul cliente non su chi si prostituisce) ha un altro suono, dà alla faccenda un significato più disumanizzante, più moralmente deprecabile, rende più universale e universalmente ovvia, bipartisan l’esecrazione.

Infatti, ecco tutte queste Idedominijanni e questi Gadlerner spiegarci insofferenti appassionati e senza l’ombra di un dubbio che la presenza del denaro di per se stessa annulla l’umanità della relazione fra due persone, anzi ne impedisce alla radice l’essenza stessa proprio di “relazione”.

Non troppo tempo fa ho letto – era su tutti i giornali, ma ho sotto gli occhi il Corriere del 28 gennaio 2007 – questa storia: a Oxford c’è un ragazzo, Nick, 22 anni, che rischia di non arrivare ai trent’anni a causa della distrofia muscolare.

Nick dice: “Voglio fare sesso almeno una volta prima di morire”. Struggente. Umanissimo. Giusto.

Al punto che un gruppo di suore, suor Frances in testa, partecipa alla ricerca di una “escort” all’altezza.

È una storia complessa, non ve la posso raccontare qui nei dettagli, ma andatela a rileggere, giuro che vale la pena. La signorina viene trovata tramite Internet, il ragazzo può passare le due ore più belle della sua vita a casa propria, insieme a lei, a fare l’amore in condizioni di sicurezza, privacy, rispetto. E – all’epoca – aveva dichiarato si stare pensando al bis, dio lo benedica.

Ho immaginato quell’incontro come emozionante. Per entrambi. Uno scambio vero. Un incontro profondamente umano.

Poi ho conosciuto di persona una mamma, cattolica – che sarebbe stata addirittura bigotta, in altre condizioni – fare la stessa cosa per il proprio figlio, in una condizione analoga a quella di Nick.

Farlo contro se stessa, in qualche modo, che se glielo avessero detto prima mai lo avrebbe creduto possibile, neppure col pensiero. Eppure farlo con convinzione, senza pietismi, senza maternalismi, senza la minima traccia di “medicalizzazione” del sesso. Umanità. Nel senso più bello e ricco del termine.

Di sicuro, mi riesce difficile pensare che la “scopata” di Nick abbia lo stesso senso, lo stesso significato, lo stesso valore (disvalore) della “scopata” di un maschio di potere che paga una donna o una trans o un uomo.

Ma vi è mai venuto in mente che si può pagare un rapporto sessuale per troppo potere ma anche per troppo poco (sono brutto, sono vecchio, sono malato… non ho neanche vent’anni e mi mandano in guerra, e non ho mai toccato una ragazza e non c’è più tempo e potrei saltare su una mina prima che…). E vi sembra che siano la stessa cosa, che vadano “valutate” con lo stesso metro?

Tra i due estremi – Nick e un qualunque Sovrano – esistono un miliardo di situazioni tutte diverse, profondamente diverse. Potrei elencarle. Ma sarebbe già un buon inizio cominciare col dire, con l’ammettere che il denaro – anche in una relazione sessuale – non basta affatto a (s)qualificare un rapporto fra due persone.

Ammettere che la presenza del denaro non solo non ci dice tutto di quella relazione, ma non ci dice abbastanza, anzi non ci dice nulla, e addirittura può portarci completamente fuori strada.

Dipende.

Dipende dalle persone, dalla situazione, dalla “relazione”, da un mucchio di cose. Il denaro, da solo, non spiega nulla, non ci fa capire nulla. Pensiamo di aver capito tutto. Non abbiamo capito niente.

Anzi: un cazzo.

Piergiorgio Paterlini

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3 Responses to La suora che voleva bene a Nick

  1. Bel Post!
    E' esattamente ciò che penso sul giudizio.
    La gente, ormai, si affretta a giudicare,
    dimenticando che è un grosso sbaglio anche come dall'insegnamento di Cristo: non giudicare o sarai giudicato.
    Sarai giudicato lo stesso, ma per me l'importante è giudicare il meno possibile, e correggermi quando mi accorgo di farlo,
    di ciò sono profondamente convinto,
    io non potrò mai conoscere a fondo una persona,
    conoscerla così a fondo, da pretendere di giudicarla.
    Altra cosa è essre in disaccordo con le sue scelte.
    Ma siamo in controtendenza...
    Ciao_
    Roby

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  2. E’ verissimo quel che dici, il denaro in sè non spiega e non risolve nulla, a volte – e solo a volte – rende più probabilmente possibile che certe cose avvengano.
    Mi è tornata in testa la storia di Fulvio Frisone, lo scienziato catanese famoso nel mondo per le sue scoperte sulla fusione nucleare fredda e
    per le ricerche sull’energia pulita senza scorie radioattive. Un uomo gravemente handicappato, che grazie a sua madre Lucia, la mamma ciclone la chiamarono, ha potuto vivere come uomo, per quanto possibile. Ricordo la sua storia, le battaglie che questa donna fece col mondo, affinché si emanassero leggi per quelli come suo figlio. Si fece fare lei, per prima, ben prima di Berlusconi, leggi ad personam. Vogliamo allora dire che sono tutti e due sullo stesso piano?
    Anche lei pagò delle… escort a suo figlio, andando contro perfino i capi magnaccia, che proteggevano quelle che si rifiutavano. Anche lei ne trovò una, che si affezionò davvero al ragazzo, dicono fu perfino invitata alla laurea.
    Vogliamo dire che quella escort è uguale alla d’Addario?

    Il denaro in sè non dà nè valore nè plusvalore. A far la differenza è il perchè transita, dove va, e sopratutto dove porta, e dove porta chi.

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  3. Sono molto contento del fatto che l'articolo vi sia piaciuto.
    Come già scritto a inizio articolo il merito non è mio (ho solo condiviso con voi l'articolo), ma di Paterlini, autore dell'articolo.

    Ricordo a tutti che potete condividere i vostri articoli inviando una mail a paroladibonobo@gmail.com

    RispondiElimina

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