E Furon DoLo(do)ri...

Da: Il Secolo XIX

Corte Costituzionale, capo dello Stato, magistrati, stampa e Rai. Nel giorno della bocciatura del lodo Alfano, Silvio Berlusconi non risparmia nessuno, bollando tutti come di «sinistra», ma assicurando al contempo i suoi elettori che lui non ha nessuna intenzione di mollare ed anzi andrà avanti come prima.

Il presidente del Consiglio rompe gli argini, abbandona il bon ton istituzionale e attacca a testa bassa quanti, a suo giudizio, lo hanno tradito. Senza lasciare fuori nemmeno il presidente della Repubblica che anzi, insieme alla Consulta, è fra i primi a finire nel mirino del Cavaliere. E, durante un collegamento telefonico a sorpresa con Porta a Porta, su Rai Uno, spiega il motivo delle sue critiche al Colle: «Il presidente della Repubblica aveva garantito con la sua firma che la legge sarebbe stata approvata dalla Consulta, posta la sua nota influenza sui giudici di sinistra della Corte».

L’affermazione ha provocato un’immediata reazione in studio da parte di Rosy Bindi, vicepresidente della Camera e deputata del Pd, che ha giudicato gravissima questa posizione: «Ravviso che lei è sempre più bella che intelligente - ha replicato secco Berlusconi - Non mi interessa nulla di quello che lei eccepisce». Reazione che ha visto la controreplica dell’esponente del Pd: «Capisco che lei sia irritato. ma qui c’è una donna che non è a sua disposizione».

Anche il leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini, ha giudicato «un’accusa inaccettabile» nei riguardi di Napolitano le parole del premier. «Non accuso il capo dello Stato - ha risposto Berlusconi - prendo atto di una situazione in cui c’erano certi suoi comportamenti e sappiamo tutti quali relazioni intercorrano tra i capi dello Stato e i membri della Consulta. Sono da anni in politica, so quali siano i rapporti che intercorrono».



In attesa della sentenza della corte Costituzionale e nonostante le voci di una decisione negativa via via più forti, il premier non aveva trascurato, nel pomeriggio, i suoi impegni.

Solo quando si rinchiude nel “fortino” di palazzo Grazioli, dove iniziano ad arrivare lo stato maggiore della Lega, guidato da Umberto Bossi, e i più stretti collaboratori (da Gianni Letta a Paolo Bonaiuti, passando per Fabrizio Cicchitto e Angelino Alfano), si capisce che la situazione è compromessa. Il Senatur, racconterà qualcuno in seguito, è il primo a voler dare la sua solidarietà al Cavaliere. Ormai nessuno crede più che il lodo possa passare. Si discute della strategia da adottare. Bossi, che ha pranzato con Gianfranco Fini, lo rassicura sulla lealtà dell’ex leader di An e sul fatto che anche il presidente della Camera non vuole tornare alle urne. Posizione poi confermata in serata dallo stesso ex ministro degli Esteri in una telefonata al Cavaliere. La notizia della bocciatura arriva proprio mentre i leghisti abbandonano via del Plebiscito. Alla spicciolata arrivano altri esponenti della maggioranza: i capigruppo del Pdl al Senato, i ministri Ignazio La Russa e Andrea Ronchi. Berlusconi rispetta l’agenda e lascia puntuale la sua residenza per andare a piedi a palazzo Venezia dove partecipa all’inaugurazione di una mostra con il Segretario di Stato Vaticano, Tarcisio Bertone.

Il percorso è di poche decine di metri, ma prima di arrivare il premier affida tutta la sua rabbia a taccuini e microfoni: «Io vado avanti, con o senza Lodo dobbiamo governare cinque anni», è la sua premessa prima di lanciare l’affondo contro Consulta e Colle: «Al fatto che passasse non ci ho mai creduto perché con 11 giudici di sinistra era impossibile che approvassero il lodo». Insomma, altro che «organo di garanzia, è un organo politico»!

Quanto al capo dello Stato, aggiunge, «tutti sanno da che parte sta», così come si sa che «ci sono giudici della Consulta nominati da tre capi dello Stato della sinistra». Parole che sembrano sfuggirgli nella foga. Ma così non è. Visto che poco dopo, al termine dell’inaugurazione, basta riferirgli della risposta del Quirinale per farlo sbottare del tutto: «Non mi interessa quello che ha detto il capo dello Stato, non mi interessa... mi sento preso in giro; chiuso», scandisce.

Si sente tradito, il Cavaliere. Per settimane nel Pdl si è parlato di un Quirinale intento a mediare per una soluzione di compromesso. Ma la sentenza lo ha convinto che così non era. Berlusconi è un fiume in piena: attacca l’opposizione, i «magistrati rossi», la stampa di sinistra, e quelle trasmissioni dela Rai che «con i soldi dei cittadini, ci prendono in giro». Comunque, assicura, la decisione della Corte non avrà conseguenze visto che per anni abbiamo governato senza. Certo, ammette, «mi scaglieranno» contro processi ai quali dovrò dedicare tempo da sottrarre alla cosa pubblica, ma almeno «li sbugiarderò».

Concetti che il presidente del Consiglio riprende, con maggior veemenza, mettendosi in contatto telefonico con Porta a Porta. Una telefonata in cui il Cavaliere è tornato ad attaccare a testa bassa la Consulta «organo politico», i giudici di sinistra e «i processi farsa» ai quali intende rispondere colpo su colpo, non solo in tribunale, ma soprattutto sui media e in tv. Quindi, il nuovo affondo contro il capo dello Stato definito «espressione» della vecchia maggioranza di sinistra che avrebbe tradito la sua fiducia dopo aver «garantito» con la sua firma che la legge sarebbe stata approvata dalla Consulta, «posta la sua nota influenza sui giudici di sinistra della Corte».

Ora il Cavaliere tira dritto, ad iniziare dall’azione di governo e dalla volontà di riformare la giustizia che anzi, assicurano i suoi più stretti collaboratori, ora avrà ancora più priorità nell’agenda del governo. Certo, si aggiunge, fare le spese della sentenza saranno proprio le riforme, visto che in questo clima è «impossibile» ristabilire un qualche dialogo con l’opposizione.

L’arma delle elezioni anticipate, si assicura nel suo entourage, non viene definitivamente scartata: resterà una extrema ratio da valutare sulla base di ciò che accadrà nelle procure, non solo milanesi, ma anche siciliane. Il timore di nuove inchieste, infatti, c’è. Di sicuro, Berlusconi intende dare una valenza tutta politica alle regionali di marzo. Ha già in testa una campagna in prima persona per ottenere il massimo dei consensi e trasformare così l’appuntamento elettorale in un referendum su se stesso e sul governo.
Il tanto atteso risultato è arrivato, non senza conseguenze.

Berlusconi le ha sparate grosse, definendo che 11 magistrati su 15 sono di sinistra, che il 72% dei mezzi di informazione su carta stampata sono tinti di rosso e che, nonostante ciò, il 70% degli Italiani sono dalla sua parte.

In primis, se analizziamo le maggiori testate giornalistiche, Il Giornale (N.B. E' un giornale di partito, in questo caso del Pdl), la Padania, Libero, Il foglio sono orientati verso il centro destra, senza contare tutte le testate filo-governative.
Inoltre, detto da chi possiede la maggioranza dei mezzi di informazione televisivi, mi sembra un po' un controsenso.

Poi, dopo aver dato dei "comunisti" a destra (ops, forse non era la parola giusta!) e a manca, partendo dai giudici, passando per giornalisti, comici e presentatori, arrivando fino al Capo Dello Stato, riesce a dire che 7 italiani su 10 sono dalla sua parte...
Se eliminiamo già tutti quelli a cui è stato dato del comunista, non arrivi nemmeno al 50%! Scherzi a parte, queste considerazioni sono frutto di accurati sondaggi oppure cifre sparate dalla rabbia del fallimento?
Comunque "si va avanti, anche senza lodo", dato che i "processi che gli saranno scagliati addosso saranno delle autentiche farse", perchè tanto saranno tutti "sbugiardati". Tralasciando gli errori lessicali e grammaticali queste sono alcune delle frasi recitare da Silvio durante l'intervista di Sky Tg 24.

L'unica cosa di cui si dispiace è che "sottrarrà qualche ora dalla cosa pubblica" per risolvere i suoi inciuci in tribunale. Se questo fatto fosse successo in qualsiasi altro stato democratico, il politico in questione avrebbe già preso baracca e burattini e sloggiato dal parlamento. Ma qui siamo in Italia e ognuno fa i comodi suoi.
Da oggi, forse un po' meno...
A questo punto serve dirlo, "meno male che Silvio c'è"...

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